Questa tavola cinquecentesca è un’opera molto particolare che ha catturato spesso l’interesse degli studiosi e degli storici. È una cosiddetta ‘coperta’ (o anche ‘tirella’ o ‘bandinella’) dipinta ad olio che si trova nel museo degli Uffizi. Le coperte erano tavole con una precisa funzione nel cinquecento: erano scorrevoli e molto sottili e servivano per proteggere i ritratti. Questa in particolare ha avuto, nel corso della storia, varie attribuzioni ed è stata associata a diversi dipinti e la sua raffigurazione ha avuto varie soluzioni interpretative. L’attribuzione più recente è quella che la lega a Ridolfo Ghirlandaio con una datazione risalente al 1510 circa. In questo caso l’opera viene associata comunemente al ritratto di Donna velata che si trova nello stesso museo (opera inizialmente attribuita a Leonardo). Ma molto interessante è anche una seconda teoria che collega questa ‘coperta’ o al ritratto di Giuliano, duca di Nemours, o a Lorenzo, duca di Urbino, realizzati da Raffaello e poi andati perduti. Perché questo legame con i ritratti di questi due personaggi? Il Machiavelli aveva dedicato il suo trattato prima all’uno poi all’altro principe e proprio a questo trattato rimanderebbero le grottesche della raffigurazione, non più, quindi, semplice motivo decorativo, ma una vera e propria allegoria. Secondo questa linea interpretativa, la coperta degli Uffizi presenterebbe “un soggetto particolarmente evocativo, che riporterebbe all'immagine celata tramite la maschera e l'iscrizione "SVA CVIQVE PERSONA" ("a ciascuno la propria maschera").” Su uno sfondo scuro il motivo a grottesche presenta, nella parte superiore centrale, una fiaccola; ai lati si trovano due delfini che guardano in direzione opposta e al centro, nell’intreccio delle loro code, compare il muso di una volpe. Nella parte inferiore troviamo due leoni-serpenti (anch’essi in direzione opposta) che poggiano una zampa, ciascuno sopra una piccola maschera posta nell’angolo. Nella zona centrale, sotto il motto, è dipinta una maschera colorata con i toni dell’incarnato: la fiaccola allude alla vita, il delfino con la sua intelligenza, l’astuta volpe e il feroce leone indicano lo stratagemma, la forza, il potere che riportano al ‘Principe’ di Machiavelli; le teste di leone terminanti in spire di serpenti alludono alla forza che atterrisce e che soffoca nella sua morsa. Sopra tutto troneggia il motto «A ciascuno la sua maschera» ad indicare che nessuno mostra la sua anima a nudo. La maschera quindi, primeggia su tutto, indica l’utilità della finzione e la necessità di non mostrarsi apertamente, per quello che si è, al mondo intero. È una sorta di arma, un arnese necessario a raggiungere i propri obiettivi, ma anche un riparo, uno scudo, che spesso nasconde altre verità che si perdono nell’oscurità dell’inconscio e che l’uomo moderno ricercherà spasmodicamente: Ma questa è tutta un’altra storia!
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